Dopo l’attenzione da parte dell’Antitrust europeo nei confronti di Microsoft, l’azienda ha deciso di rivisitare i termini di utilizzo di alcune licenze software. Questa mossa consentirà agli utenti di sfruttare le licenze già in loro possesso per eseguire software sulla piattaforma VDI (Virtual Desktop Infrastructure) di Microsoft.
La politica di licenze di alcuni software Microsoft può risultare restrittiva per chi utilizza workstation virtuali in ambienti cloud concorrenti come AWS, Google Cloud e Alibaba. Le licenze esistenti, ad esempio per Office, non potevano essere utilizzate su tali piattaforme, obbligando gli utenti a dover acquistare nuove licenze qualora volessero utilizzare Office e altri software Microsoft.
L’obiettivo apparente di questa politica era di spingere gli utenti verso l’adozione di desktop virtuali su Azure, dove i costi possono risultare notevolmente inferiori. Secondo quanto riportato da The Register, utilizzare le licenze Microsoft su Google Cloud o su altri hyperscaler poteva comportare costi fino a cinque volte superiori rispetto all’utilizzo su Azure.
Tuttavia, recentemente sembra che Microsoft abbia adottato una posizione più flessibile. A partire dal 1° agosto, i clienti possono utilizzare alcune specifiche licenze che già possiedono su AWS senza dover affrontare costi aggiuntivi.
È importante sottolineare che non tutte le licenze dei software Microsoft possono essere utilizzate su AWS. L’azienda ha specificato che gli utenti possono eseguire applicazioni come Microsoft 365 per il business, Microsoft Project e Microsoft Vision su Amazon WorkSpaces (la soluzione VDI di AWS) solo se possiedono licenze del tipo Microsoft 365 E3/E5/A3/A5 o Microsoft 365 Business Premium.
Nonostante questo rappresenti un passo avanti rispetto al passato, le limitazioni rimangono evidenti. Altri hyperscaler sono ancora esclusi da questa concessione, e rimane comunque più conveniente per gli utenti affidarsi ad Azure rispetto ad AWS per l’utilizzo di questi software in un’architettura di Virtual Desktop Infrastructure.
La tempistica di questo cambiamento di politica, giusto pochi giorni dopo l’annuncio di un’indagine antitrust nei confronti di Microsoft da parte dell’Unione Europea, suggerisce che le modifiche ai termini di licenza possano essere state apportate anche per dimostrare una maggiore apertura verso la concorrenza. Tuttavia, molti ritengono che questa apertura sia ancora troppo limitata.
È interessante notare che in passato Microsoft aveva già affrontato proteste da parte di provider cloud europei come OVHCloud, Aruba e Danish Cloud Community (DCC) riguardo ai costi elevati delle licenze e alla mancanza di supporto per il concetto di “Bring Your Own Licence” (BYOL).
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