L’attuale contesto di Google Shopping sotto la lente dell’Unione europea solleva domande cruciali sulla concorrenza e l’equità nel mercato digitale. Un avvocato generale della Corte di Giustizia europea ha recentemente avanzato una proposta importante: confermare la multa record di 2,4 miliardi di euro inflitta a Google Shopping dalla Commissione europea.
Questo caso ha origine da un’indagine avviata oltre sei anni fa, nel novembre del 2010. La Commissione europea, dopo un’analisi approfondita, concluse che Google avrebbe abusato della sua posizione dominante nel mercato dei motori di ricerca per favorire in modo illegale il suo servizio di comparazione dei prezzi, Google Shopping.
La pratica contestata è stata la seguente: quando un utente effettua una ricerca su Google per un prodotto, i risultati di Google Shopping vengono posizionati in modo privilegiato nella parte superiore della pagina dei risultati di ricerca. Questo posizionamento di primo piano ha comportato un vantaggio ingiusto rispetto ai servizi concorrenti, relegati più in basso o in pagine successive.
Il risultato di questo posizionamento privilegiato è stato un aumento sleale del traffico verso Google Shopping e un conseguente incremento dei profitti derivanti dalle inserzioni pubblicitarie. La Commissione europea, pertanto, decise di emettere una multa senza precedenti di 2,4 miliardi di euro a Google nel 2017.
Nonostante il ricorso presentato da Google, il tribunale generale confermò la sanzione nel 2018, sostenendo che le pratiche dell’azienda californiana erano effettivamente anticoncorrenziali. Questo portò a un ulteriore ricorso da parte di Google alla Corte di Giustizia dell’Unione europea.
L’avvocato generale Juliane Kokott ha ora espresso la sua opinione, raccomandando alla Corte di respingere l’impugnazione di Google e confermare la multa. Kokott sostiene che Google ha sfruttato la sua posizione dominante in modo scorretto, danneggiando la concorrenza e violando le normative antitrust dell’Unione europea.
È importante sottolineare che l’opinione dell’avvocato generale non è vincolante, ma costituisce un passo significativo verso la decisione finale della Corte di Giustizia. Gli esperti legali, tuttavia, notano che le raccomandazioni degli avvocati generali sono spesso seguite dalla Corte.
Mentre si attende la sentenza definitiva dei giudici, è interessante considerare anche il contesto più ampio del mercato digitale. La vicenda solleva interrogativi sulla responsabilità delle grandi piattaforme digitali e sulla necessità di regolamentazioni più stringenti per garantire una concorrenza leale e la tutela dei consumatori.
Parallelamente a questo sviluppo, a fine ottobre 2022, una serie di concorrenti di Google ha inviato una lettera alla Commissione europea. In essa, chiedevano l’applicazione del Digital Markets Act, una legge che mira a impedire ai cosiddetti “gatekeeper” di dare un vantaggio ingiusto ai propri servizi. Questa azione è un segnale dell’attenzione crescente verso la regolamentazione delle grandi aziende tecnologiche e della loro influenza nel panorama digitale.
Il Digital Markets Act, se applicato, potrebbe avere implicazioni significative per le piattaforme come Google, che potrebbero essere costrette a riconsiderare le proprie pratiche commerciali. Tale regolamentazione potrebbe contribuire a garantire una concorrenza più equa e a prevenire eventuali abusi di posizione dominante nel futuro.
In conclusione, il caso della multa a Google Shopping rappresenta un importante banco di prova per la regolamentazione delle grandi piattaforme digitali. La decisione della Corte di Giustizia avrà conseguenze significative e potrebbe gettare le basi per ulteriori azioni normative nell’ambito del mercato digitale europeo. La necessità di bilanciare l’innovazione tecnologica con la tutela dei consumatori e la promozione di una sana concorrenza è un tema centrale che sarà sicuramente al centro di futuri dibattiti e sviluppi normativi.
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